Intervista a Virginia Valentini e Francesco Breganze de Capnist,
architetti e designer di LATOxLATO
Un progetto che rappresenta un nuovo modo di pensare e creare fuori dal comune.
È LATOxLATO, un incubatore di idee che nasce da una visione unusual di Virginia Valentini e Francesco Breganze de Capnist, italiani di nascita ma viaggiatori per vocazione. Un brand che unisce la passione per le radici e per il patrimonio artistico italiano con le esperienze internazionali vissute dai due designer e che li ha portati a dar vita ad una collezione di oggetti metafisici valorizzati da materiali tradizionali.


Che cosa ci potete dire di voi? Dov’è nato il desiderio di essere designer?
Francesco: Noi nasciamo come architetti, quindi abbiamo già un’impostazione progettuale e la mente un po’ aperta a tutto ciò che è artistico. Poi avendo fatto il Politecnico, ci hanno insegnato ad avere molta attenzione verso il design italiano degli anni 50 e fortunatamente in Italia abbiamo esempi molto importanti a cui fare riferimento.
Per quanto riguarda il desidero di fare questo lavoro, io penso che si tratti di un impulso che nasce da dentro, ovviamente ci possono venire in aiuto l’università, gli studi fatti o alcuni professori un po’ illuminati che ti portano ad amare la materia.
Com’è nata l’idea di LATOxLATO e dove prende origine la scelta del nome?
Virginia: È nata un po’ per caso; noi eravamo in America e lavoravamo come architetti.
Ci siamo accorti che molti clienti americani, quando ci chiamavano per i loro progetti, lo facevano perché avevano passione per il made in Italy e per il gusto italiano. Inoltre spesso ci richiedevano pezzi che arrivassero proprio dall’Italia.
A questo punto, noi ci siamo resi conto che il made in Italy, il materiale e il design italiano, avevano veramente una marcia in più e negli Stati Uniti questo funzionava molto.
Noi però volevamo concentrarci sul prodotto artigianale, un progetto che avesse il marchio di fabbrica italiano e così abbiamo deciso di creare una piccola azienda che producesse oggetti di design artigianali, realizzati uno per uno con l’obiettivo di poterli fornire alla distribuzione americana.
Francesco: Per quanto riguarda il nome del brand invece, noi ci siamo affidati ad un grafico che ha creato loghi molto conosciuti e ha deciso di prendersi cura di noi. La nostra richiesta era un qualcosa di riconoscibile all’estero, così lui ha detto: “voi siete in due, entrambi avete una mentalità architettonica, siete un po’ un incastro uno con l’altro” e allora ha deciso di chiamarci LATOxLATO.
Poi un’altra cosa che volevamo è che non ci fossero nomi e cognomi perché il nostro brand nasce con l’idea di avere un team giovane, estremamente aperto, dove tutti fanno parte del gruppo totalmente alla pari. Questo è un po’ lo spirito di LATOxLATO.


Vi definite un brand unusual, che adotta un nuovo modo di pensare e creare. Che cosa significa questo ? Qual’è la vostra mission e che cosa volete comunicare al vostro pubblico?
Francesco: La nostra idea è quella di immaginare, per ogni progetto, un qualcosa che interrompa la funzione e l’estetica che finora quel prodotto ha avuto. Noi cerchiamo di dare una visione un po’ traslata di quello che è un oggetto comune conosciuto fino ad oggi.
Prendiamo come esempio uno dei nostri progetti, la madia. Si sa che in America si cambia casa molto spesso: questo prodotto nasce dall’idea che di solito la madia è un elemento molto pesante, e non si sa mai se potrà adattarsi al prossimo salotto della casa. Questo invece è un prodotto modulare, con il quale una persona è libera di scegliersi gli elementi che lo compongono.
Quindi diventa un po’ uno studio su un prodotto che abitualmente è molto tradizionale ed impostato, con il fine di cercare di cambiare gli schemi e dare qualcosa di diverso nella routine del classico.


In passato avete lavorato negli Stati Uniti. Quanto ha influenzato questa esperienza nei vostri prodotti made in italy? Che cosa avete imparato e che cosa vi siete portati a casa?
Virginia: Dato che siamo nati e cresciuti qui, ci siamo accorti che diamo tantissime cose per scontato, anche a livello di design: spesso ci sembra normale essere circondati dal “bello”, siamo abituati a vedere determinate cose che invece, quando le osserviamo dall’esterno, capiamo quanto valore hanno effettivamente. Se non fossimo stati in America, non ci sarebbe mai venuto in mente di creare alcuni dei nostri progetti che riprendono l’architettura italiana.
Lavorando in America, siamo riusciti a vedere l’Italia e le sue meraviglie artistiche con un occhio estremamente diverso, ma che ci ha dato la possibilità di riconoscerle come tali. Diciamo che siamo riusciti a stupirci dell’italianità solo andando all’estero.
Poi anche il metodo di lavoro ci ha influenzato molto perché quando siamo rientrati in Italia ci siamo accorti che l’esperienza fatta negli Stati Uniti ci ha portato a vedere le cose in maniera diversa: se c’è bisogno di collaborare, si collabora, si lavora insieme, si condivide ecc. Un concetto che qui è ancora un po’ difficile da concepire. Spesso quando ci si trova a fianco un competitor, lo si vede solo come un “nemico” e non come una possibilità di imparare, crescere ed essere messo sullo stesso piano.
Quali sono le principali differenze che avete riscontrato tra il design italiano e quello americano?
Virginia: Sicuramente la qualità, perché qui in Italia ci sono ancora gli artigiani, c’è gente appassionata, che ha voglia di mettersi in gioco e a cui fa davvero piacere lavorare con noi. Quindi anche in alcuni dei nostri prodotti che sono più difficili da realizzare, abbiamo trovato persone che, nonostante il tempo e le ore di lavoro, cercano assieme a noi la soluzione per produrre il pezzo.
La differenza sta proprio nel fatto che qui si instaura un rapporto, e quindi la qualità del prodotto è nettamente migliore. Poi c’è anche il gusto diverso perché il design americano è più freddo, pacchiano e sicuramente poi manca proprio la cultura.

Qual è il progetto di cui siete più orgogliosi?
Francesco: Secondo me il candelabro, perché ha un qualcosa in più. Al di là dell’estetica, che possa piacere o meno, ha tanti rimandi all’architettura e al design e poi è stato difficilissimo realizzarlo, perché sono tutti pezzi unici che hanno bisogno di essere forati a trapano con estrema cura e attenzione.
Diciamo che è quello che alla fine dà più soddisfazione perché ci abbiamo impiegato molto tempo per arrivare al risultato finale.


Come definireste il vostro lavorare in coppia? Che vantaggi/svantaggi traete nell’essere partner nella vita e nella professione?
Virginia: Sicuramente il fatto che lavoriamo sempre, innanzitutto, cosa che può essere considerata sia un vantaggio che uno svantaggio. Questo perché non abbiamo degli schemi fissi da seguire in giornata e possiamo scegliere di prenderci tranquillamente una pausa; spesso però capita che, nel tempo libero, notiamo qualcosa che ci interessa, allora ne parliamo e passiamo la giornata a “lavorare”.
È un’arma a doppio taglio, perché da un lato abbiamo la libertà di organizzarci il lavoro come preferiamo, dall’altro però non stacchiamo mai bene la testa perché ne parliamo sempre. Valore aggiunto poi è sicuramente la condivisione di quello che facciamo.
Quali sono le vostre prospettive future? Progetti?
Francesco: Avevamo tante collaborazioni aperte di co branding con aziende e realtà, progetti che ora sono in stand by. Però con la produzione di nuovi oggetti non ci fermiamo, andiamo avanti e abbiamo questa nuova collezione che uscirà a breve. Il nostro obiettivo sarebbe il Salone del Mobile l’anno prossimo.
Se doveste scegliere un prodotto di design, di che cosa non potrebbe fare a meno la vostra casa?
Virginia: Una bella poltrona direi. È una delle cose che sfruttiamo di più quando siamo in casa, perché alla fine la usiamo sempre per un momento di relax, che sia per guardare la televisione, leggere un libro, bere un caffè ecc. Quando hai bisogno del tuo spazio e del tuo posto, la poltrone è un oggetto che risponde perfettamente a queste esigenze.
Che consiglio dareste a chi vorrebbe intraprendere la vostra stessa strada? Ad un giovane designer?
Virginia: Noi siamo dell’idea che se una persona ha passione per ciò che fa e ha voglia di impegnarsi, le cose si riescono a fare però sicuramente ci sono moltissime difficoltà. Noi abbiamo creato la nostra attività da zero e ci vuole davvero tanto tempo. Poi siamo in due e cerchiamo di fare il più possibile. Quindi pazienza e cercare di non scoraggiarsi.
Francesco: C’è poi da tenere in considerazione questa cosa: noi stiamo nuotando controcorrente perché facciamo ciò che ci piace, cosa che adesso non si fa più purtroppo, ora si spinge sula tecnologia, sulla biochimica, la medicina e sono questi i settori che al giorno d’oggi prendono i maggiori finanziamenti.
Noi invece stiamo tornando all’artigianalità, una vera e propria forma d’arte con la quale abbiamo creato un’azienda. Insomma stiamo combattendo contro dei colossi, però cerchiamo di farci spazio perché è quello che ci piace fare.
