Intervista a Carlo Guazzo,
architetto e designer di Tuttoattaccato

Profondamente legato al suo territorio e desideroso di voler apportate il suo contributo, l’architetto e designer bassanese Carlo Guazzo fonda Tuttoattaccato nel 2006 e si dedica alla realizzazione di oggetti di uso quotidiano che esaltino le qualità dell’artigianato locale e che richiamino un contesto familiare. In particolare la produzione di caraffe in ceramica e in vetro pirex realizzate con tecniche e finiture antiche, sono il piatto forte di Tuttoattaccato.

Che cosa ci può dire di lei ? Dove è nato il desiderio di essere designer?

Ho studiato architettura all’università. Però già da studente non avevo interesse per l’architettura in sé, mi piacevano molto di più le cose piccole, controllabili, facilmente realizzabili e da lì è nata la passione.

Ho cominciato a lavorare per qualche azienda prima di laurearmi e una volta laureato mi sono dedicato completamente al design e ho disegnato per varie aziende. Però avevo un approccio difficile con la committenza e l’industria perché dovevo fare quello che andava bene a loro.

Così dopo tanti anni finalmente ho capito quale era la mia esigenza e ho deciso di creare un mio marchio: avevo qualche soldo messo via e da lì è nato Tuttoattaccato, nel 2006.

Il nome Tuttoattaccato com’è nato?

All’epoca volevo un nome che indicasse l’italianità del prodotto e che fosse caratteristico del nostro territorio. Quando sei al telefono capita che fai spesso lo spelling di una parola e c’è sempre bisogno di distinguere se il nome è composto, è tutto attaccato, col trattino ecc… quindi l’ho chiamato Tuttoattaccato.

Penso sia un nome che rimanga in mente, inoltre c’è da dire che quando l’ho registrato, ho fatto davanti a Tuttoattaccato il cancelletto…all’epoca ancora non si parlava dell’hashtag, quindi sono stato da un certo verso il precursore. L’avevo messo perché mi piaceva, era un tasto che era sempre lì e nessuno lo usava.

Che cosa rappresenta per lei il design?

Il design oggi non saprei più come definirlo, certo che è diventato un design sensazionalista.

Io ho capito che preferisco legarmi molto più alla mia cultura, alla schiettezza delle forme, alla funzionalità e ad un minimo di decoro che possa dare valore più accattivante all’oggetto.

Pieno rispetto per me di quello che fa parte della nostra cultura, della tradizione e della semplicità, per questo vorrei mostrare quello che so e dare anche il mio contributo.

La prima idea di prodotto a cui ha lavorato?

Penso siano state le caraffe. All’epoca quando si è trattato di far qualcosa di ceramica ho subito pensato alla caraffa, perché è un oggetto che gira ancora nelle nostre case, è utile ed è facilmente realizzabile in varie forme e fogge. Quindi ho deciso di iniziare con la caraffa.

Poi quando ho iniziato a presentare le mie collezioni, le persone che prendevano la caraffa la sentivano pesante e così conoscendo un soffiatore di vetro, ho deciso di realizzare lo stesso modello in vetro pirex.

Li sono nate le caraffe di vetro. Poi diciamo che spaziavo tra vari materiali e andavo sempre alla ricerca di finiture non facili da trovare, ma alla fine ho deciso di concentrami su queste caraffe.

Ad oggi quindi la produzione di caraffe in ceramica con varie finiture e in vetro pirex, anche quelle in varie fogge, accompagnate da un paio di anni da bicchieri e calici è il piatto forte di Tuttoattaccato.

Che cosa rende unici ed inimitabili i suoi prodotti?

Penso il fatto che cerco di realizzare oggetti che siano legati alla storia, al territorio; inoltre nella mia collezione sono presenti una decina di forme tutte legate a cose già esistenti, che sono presenti nella nostra memoria o nella realtà quotidiana e sono più facili quindi da riconoscere.

Capisco che se pesco dalla natura o dal vissuto è più facile che la cosa venga capita. Vedo spesso caraffe o creazioni che sono anche belle ma sono completamente disconnesse con la storia e con la cultura e per me hanno un valore fin là.

Mi sento molto legato al mio territorio, dobbiamo capire che abbiamo una miniera inesauribile.

Quanta influenza ha la ceramica bassanese nell’ideazione dei suoi progetti?

Ovviamente essendo in un contesto di ceramiche, mi è parso giusto cavalcare l’onda della conoscenza di Bassano, in questo modo il prodotto ha sicuramente un plus.

La ceramica poi ti offre la possibilità di realizzare in fretta una cosa senza grandi costi di investimento.

In ogni caso fin da sempre la ceramica è stata di mio interesse e anche quando giro l’Italia non mi perdo i vari musei. È una cosa che mi piace, mi dà soddisfazione, mi nutro di questo sapere.

Della ceramica c’è poi da dire che ci sono un sacco di possibilità, di decorazioni, di realizzazioni, quindi cerco di scovare artigiani che facciano cose particolari. Per esempio le decorazioni con le spugne che realizzo sono caratteristiche del nostro territorio e quando le promuovo sono cose che piacciono e quindi ho piacere a spiegarle. Il cliente una volta che conosce le lavorazioni apprezza il prodotto in modo diverso.

Se dovesse scegliere un prodotto di design, di che cosa non potrebbe fare a meno la sua casa?

Beh, a casa mia ho allestito un piccolo museo di design di cose che ho comperato negli anni e lì ci sono un po’ di oggetti interessanti, tra questi una cosa che continua a tornarmi nelle mani è la caffettiera Bialetti.

Quando è stata inventata la caffettiera hanno ideato un oggetto così pieno di spigoli, che non aveva nessun contesto di riferimento prima e non ce l’ha avuto nemmeno dopo. Quindi se voi ci farete mai caso, la caffettiera Bialetti è nata, vissuta, ed esiste con quella tipologia da oltre 70 anni e rimarrà sempre così.

Poi è un oggetto che funziona e credo che possa essere un prodotto che ha veramente segnato.

 

Come pensa possa rivoluzionarsi il mondo dell’arredo e del design in merito al covid19?

La conseguenza diretta è stata in qualche modo la vendita online che ha subito sicuramente un’accelerazione, ha velocizzato quello che magari sarebbe successo tra qualche anno.

A proposito di questo, questo brutto periodo in cui ci siamo ritrovati mi ha dato la possibilità di vendere in modo alternativo rispetto a come mi muovevo prima dato che precedentemente partecipavo ad eventi e fiere, tutto quindi molto legato alla fisicità. Ora riuscire a vendere online è una bella sfida.

Poi un’altra cosa che potrebbe aver portato questo periodo di isolamento è che le persone stando a casa hanno cominciato ad avere un po’ più cura del loro ambiente, se la vita prima era tutta frenetica, veloce ora si sta dentro e si ha più cura della propria intimità.

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